lunedì 28 gennaio 2013

Non voleva dormire da sola

"Questo corpo che si perde come una sigaretta accesa".

Il momento era passato. No, non è vero. Il momento doveva ancora arrivare.
E lei lo aspettava, avidamente.
Ma cosa vuol dire avidamente? Forse non è la parola giusta. Togliamo il forse.
Nelle ultime settimane le capitava così. Di pensare, sempre, che le mancasse qualcosa.
Quel qualcosa che non sapeva definire ma che forse sapeva cosa fosse.
E' strano che dopo una bella serata, molto bella: tanti amici, tanta gente, tanta musica, tanto alcol, alla fine quando la musica era finita, buio.
Il buio. Ma che cosa vuol dire buio in questo caso?
Forse nemmeno questa è la parola giusta.

(I momenti in cui vuoi scrivere, ma non ci riesci. Senti le sinapsi come bloccate. Dentro di te un flusso di parole che vorrebbe uscire, che senti stia per esplodere, da qualche parte, con qualcuno, per qualsiasi cosa ma che ancora non l'ha fatto).

Comunque, il buio.
La festa era finita e si doveva andare a casa.
A casa non c'è nessuno ad aspettarti in piedi. Magari se fosse stata a casa, con la sua famiglia, ad aspettarti vicino al camino, fumando l'ennesima sigaretta, ci sarebbe stata tua madre.
Sì, a vent'anni avere una madre che ti aspetta sveglia, non capita a tutti. Ma succedeva così.
Qui chi ti aspetta?
Il letto. I cuscini.
Così fu.

Tornata a casa s' infilò i pantaloni di una tuta, profumati di un odore che la sua amica diceva fosse troppo forte ma che "sapeva di te". Si tolse la maglia e il reggiseno, quella sera l'aveva messo, chissà perchè...
S'infilò una canotta pulita e si mise a letto.
Guardava l'armadio davanti a lei. E poi il comodino. Le boccetta di valeriana era lì, aspettava solo la sua mano che ne tirasse un bel po' fuori col contagocce.
Riflettè.
La dipendenza da valeriana l'aveva sperimentata molte volte. Troppe volte, ormai.
Pensò: "Ci risiamo".
Premette forte la parte superiore del contagocce, per far sì che si riempisse il più possibile. Versò tutto in bocca, senza prima contarle in un bicchiere, e deglutì.
Cazzo, che schifo.
La valeriana era amara. Lo zucchero era in cucina, quindi troppo lontano.
Con quel sapore che le faceva venir voglia di mettersi due dita in gola e vomitare l'impossibile, poggiò la testa sul cuscino e riprese a fissare l'armadio difronte a lei, aspettando che Morfeo venisse a prenderla.
Ci mise un po', ma alla fine arrivò.
Non Morfeo, ma tutte quelle piantine fermentate che dopo dieci minuti ti danno una botta tale per la quale ti addormenti senza nemmeno accorgertene. Senza nemmeno smettere di guardare quello che stavi guardando, pensare a quello a cui stavi pensando.

Non voleva dormire da sola.

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